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sabato 2 ottobre 2010

Abrahadabra: recensione del nuovo album dei Dimmu Borgir

Dunque, siamo arrivati all'undicesimo capitolo Dimmu Borgir (se si conta anche le varie release), atteso da molti e pieno di incognite, date le performance ultimamente piuttosto altalenanti della band nella produzione di album. Saranno i nostri eroi in grado di soddisfare i fan di vecchia data, recentemente rimasti un po' delusi da alcune uscite? Riusciremo a non rimpiangere due grandi perdite come Mustis e ICS Vortex? Ritorneranno alle origini, si trasformeranno in una "black" boy band stile Cradle Of Filth, o prenderanno una nuova strada? Riusciranno gli oltre 100 strumenti orchestrali utilizzati a non suscitare effetti troppo "pomposi"?

E' presto detto, ho ascoltato almeno una decina di volte l'album, e solo alle ultime 3 volte il mio giudizio si è "stabilizzato".
Qualche settimana fa, ho sentito in anteprima il singolo Gateways... beh, al primo ascolto ne rimasi francamente deluso, sperando in un album alla fine diverso. Motivo della delusione? Facile, ad una sinfonia maestosa, ed una intro più che adeguata, son stati accostate la voce in troppi passaggi "robotica e finta" di Shagrath e una vocina femminile a tratti anche fastidiosa nella sua prima "comparsa", e fin troppo gothic sul finale. Se aggiungiamo riff un po' distanti dal black duro e puro, e il fatto che sarebbero bastati più scream e meno voce distorte da parte di Shagrath e una voce come quella di ICS Vortex in luogo di quella femminile poi utilizzata (probabilmente come rimpiazzo) per migliorarla notevolmente... beh, la delusione non può che aumentare.
Poi però, fatto l'orecchio alle sonorità (anche grazie alla bella sinfonia), e messi l'anima in pace per la seconda voce, si può apprezzare maggiormente, pur rimpiangendo il vecchio stile andato perduto.

Oggi però, ho avuto modo di capire che il resto dell'album non è particolarmente simile al singolo uscito in anteprima (e per fortuna senza donnina urlante, nelle altre track).
L'onnipresente e variegata orchestra, la new entry di alcune parti corali e la diversificazione (forse ostentata) dello stile di canzone in canzone, distaccano notevolmente Abrahadabra rispetto al suo predecessore semplice, secco e duro In Sorte Diaboli. Ma, a meno che non siate dei True Black Metallers incalliti e ottusamente prevenuti, non temete troppo, lo stile Dimmu, seppur elaborato e pieno di nuove influenze, permane in buona parte.
Analizziamo dunque l'album traccia per traccia:

Track 01 - Xibir- 2:50

L'introduzione è puramente orchestrale, con accenni di cori, decisamente cupa e con rimandi ad alcuni grandi compositori del passato. Bella ed adeguata devo dire, seppur un po' da soundtrack per il grande cinema.

Track 02 - Born Treacherous - 5:02

La sinfonia segue un po' l'introduzione, i cori, maggiormente distanziati, si fanno più vivi. Shagrath alterna momenti di gorgoglio un po' sospetti a dei buoni scream apprezzabili. Alcune -discutibili- pause e i ricorrenti cambi di tempo danno al tutto un'aria un po' Progressive. Ok, non sarà black duro e puro, ma apprezzabile.

Track 03 - Gateways - 5:10

Ecco il primo singolo dell'album, ed è da ribadire ciò che ho scritto nell'introduzione. In ogni caso, qui la sinfonia si fa più pomposa rispetto alle precedenti due track, ma senza esagerare, ed è (per fortuna) la colonna portante dell'intera canzone. Molto bella. Il primo minuto e mezzo è a dire il vero invitante, con quest'atmosfera che sa molto di "Dimmu Borgir". Poi al minuto e trenta, ecco che arriva il trauma: la voce femminile stridula e "fastidiosa" di cui parlavo sopra. E dopo questa "botta", difficilmente digeribile, ecco che tra riff più o meno adeguati, la voce di Shagrath si fa a tratti robotica. Il pensiero va subito all'orrendo Puritanical Euphoric Misantropia, dove questa caratteristica era preminente. Infine, l'ultimo minuto si chiude in maniera epica, con la voce femminile che si fa più melodica e tipicamente Gothic, in una specie di botta e risposta con la voce principale. Però c'è da dire, che, nonostante i traumi, non merita la "lapidazione"; con più scream e il buon vecchio Vortex al posto della voce femminile (fortunatamente relegata a quest'unica canzone), sarebbe stata molto meglio. Peccato.

Track 04 - Chess With The Abyss - 4:08

Ecco che torna l'atmosfera cupa. Le sonorità ricordano da vicino il black arido e moderno di In Sorte Diaboli, ma con il plus di una sinfonia molto più complessa. Belli qui i cori, più decisi ed insistenti. Riff non troppo originali, ma nel complesso un bell'effetto, che scaccia via del tutto i maligni e disperati rimandi ai Cradle Of Filth che la "donnina malefica" della precedente Track aveva instillato.

Track 05 - Dimmu Borgir - 5:35

Rischiosissimo il titolo. Addirittura mettere in gioco il nome del gruppo... E a sentire l'inizio si suda freddo: cori quasi allegri, fuori luogo si direbbe, per i primi due minuti c'è da rimanerci di stucco. Ma ecco che pian piano si fanno sentire influenze da parte dell'intramontabile Enthrone Darkness Triumphant, che si alternano ai precedenti motivi, più "bizzarri". Sottolineo che solo dopo ripetuti ascolti si comincia a chiarificare un giudizio. E dopo questi sentimenti contrastanti così ravvicinati, l'ultimo minuto chiude in maniera quasi entusiasmante. I toni sono epici, ma ben lungi anche solo dal ricordare gruppi tipo gli Epica, fortunatamente. Alla fine, il giudizio è soggettivo, personalmente sono riuscito ad apprezzarla.
... Ma perchè diavolo chiamarla Dimmu Borgir? Mah....

Track 06 - Ritualist - 5:13

FINALMENTE! E' stata la prima cosa che ho pensato appena ascoltato questo brano. Tipicamente Symphonic Black Metal, tipicamente Dimmu Borgir, ma senza dover guardare per forza al passato. Pezzo potente, bello, variegato, con alcune scale di pianoforte direi emozionanti. Nemmeno le variazioni vocali di Shagrath nella seconda parte della canzone mettono alcun dubbio. Arpeggi acustici e mitragliate di Blast Beat convivono perfettamente, rendendo Ritualist il brano più equilibrato dell'album.

Track 07 - The Demiurge Molecule - 5:29

Il troppo stroppia si dice. Ecco, qui la sinfonia è sì elaborata, e professionalmente impeccabile, ma davvero troppo stile colonna sonora da film d'azione Hollywoodiani. Shagrath sperimenta a tratti anche un growl un po' strozzato.
Nel complesso non è male come traccia, ma manca di sobrietà.

Track 08- A Jewel Traced Through Coal - 5:16

Cattiva direi. Riff taglienti e veloci, sonorità spettrali. Forse la traccia con meno variazioni, rispetto alle altre, ma nessun rimpianto, anzi... Qui la sobrietà sinfonica, tanto auspicata in The Demiurge Molecule, la fa da padrone.

Track 09 - Renewal - 4:12

Facilmente classificabile come la più brutale ed inquietante delle track di Abrahadabra. Riff incalzanti riconducibili al Black più duro la rendono decisamente interessante. Strana la parte di chitarra melodica nella seconda parte del primo minuto. Un maggiore utilizzo dello scream classico però, sarebbe stato gradito. Si integra un po' male la -fortunatamente- breve parte di canto della seconda voce. Sonorità sia acute sia molto cupe, accavallate in una successione repentina, contribuiscono a dare carattere alla parte Orchestrale.

Track 10 - Endings and Continuations - 5:58

Pezzo confusionario, addirittura nella parte iniziale la parte sinfonica fa un po' a pugni con i riff di base. Un po' poco elaborata. Non molto adatta la parte di seconda voce, molto Power/Progressive. Cori più lievi ed evanescenti rispetto al resto dell'album. In generale gradevole ma caotica, non molto assimilabile.



In conclusione? Siamo decisamente lontani dal capolavoro assoluto qual'era Enthrone Darkness Triumphant, ancor di più rispetto al "Classico" Stormblåst, ma altrettanto lontani dal quasi commerciale Puritanical Euphoric Misantropia.
Che si mettano l'animo in pace i blackster più puri, scordatevi le sonorità sporche e lo scream lento e "trascinato" del Black Metal old style. Ciò non toglie che per certi versi è forse anche meglio, almeno non si è andati a riciclare sonorità ormai fin troppo collaudate. Ma scordatevi anche l'incubo Cradle Of Filth, quest'album è ben lungi dall'abbassarsi a tale livello.
Complessivamente Abrahadabra contempla alti e bassi. Sinfonie più o meno ispirate alle colonne sonore dei film in quanto a stile, ma anche pezzi decisamente influenzati da nomi quali Dvořák o Musorgskij, non certo gli ultimi arrivati. Riff tipici del Black moderno, con alcune sferzate più dure, e sporadici rimandi al Progressive o addirittura all'Heavy. Blast beat impetuoso alternato a passaggi più lenti e scanditi. Stile vocale vario, Scream, Growl, alcune parti distorte, seconde voci di vario tipo, più o meno melodiche, ma soprattutto cori di sfondo, presenti in tutte le canzoni. La qualità di registrazione e la tecnica degli strumenti è oggettivamente impeccabile. Insomma, un po' un mescolone, ma il risultato non è affatto male. 
Un CD molto impegnativo all'ascolto, decisamente non annoia per quantità di idee e qualità di realizzazione.

Buon ascolto.



Axel Tallone

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